I LIGURI, I TOSCANI, GLI EMILIANI, I MARCHIGIANI, GLI UMBRI, LA FARMACIA E IL FARMACISTA
I residenti in Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Marche e Umbria conoscono bene la farmacia (88%) più di qualunque altro canale distributivo; apprezzano il farmacista pur rivolgendogli alcune critiche (per l'80% ne hanno fiducia e per il 78% lo stimano); difendono con forza il 'modello italiano di farmacia' rigettando per il 78% il drugstore all'americana (ove si trovano alimentari e farmaci da banco insieme a molti altri tipi di prodotti svariati).
Sono questi alcuni dei principali risultati dell'ampia indagine demoscopica commissionata da Federfarma (l'organizzazione dei titolari di farmacia) e realizzata da Astra nel febbraio 2005 tramite 2004 interviste 'face to face' somministrate col metodo CAPI - in collaborazione con Doxa - ad un campione rappresentativo della popolazione italiana dai 15 anni in su, pari a un universo di 49.7 milioni di persone, di cui vediamo i risultati riferentisi ai 11.0 milioni di residenti in Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Marche e Umbria.
Il primo dato é straordinario: quasi nove residenti in Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Marche e Umbria su dieci (9.7 milioni su 11.0) sono stati almeno una volta in farmacia negli ultimi due anni, il che significa che essa è il primo canale distributivo nell'area (il supermercato é a pari merito con l'88% seguito dal bar con l'87% degli ultra14enni). Sono solo alcuni giovanissimi e vecchi a non esser stati recentemente in farmacia.
Quanto alla frequenza in farmacia, il 15% (pari a 1.6 milioni) ci va almeno settimanalmente; il 22% (2.4 milioni) all'opposto ci va due volte all'anno o meno; il 63% (7.0 milioni) si colloca su livelli intermedi: con più forti frequentatori per sé e/o per altri le donne, gli ultra44enni, i residenti nei comuni con meno di 10mila abitanti, le casalinghe e i pensionati con i lavoratori autonomi, i soggetti con la sola licenza elementare o nessun titolo di studio; mentre i deboli frequentatori sono soprammedia uomini, men che 35enni, laureati e diplomati, imprenditori/dirigenti/pro-fessionisti così come studenti e salariati. In generale sono le 'lei' a farsi carico - anche qui - dei rapporti con la farmacia, mentre il ricorso a questo canale cresce con l'età e diminuisce con il reddito, i consumi, il titolo di studio (i privilegiati stanno meglio e sono più serviti da altri).
L'88% dei clienti dei farmacisti fanno acquisti per sé, mentre il 70% per altri. Questi ultimi sono ben 7.7 milioni di residenti in Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Marche e Umbria, che fanno acquisti in questi punti-vendita specializzati anzitutto per i 35-64enni (6.2 milioni), seguiti dai bambini e dai ragazzi 0-17enni (4.6 milioni) e poi dai giovani adulti 18-34enni (4.5 milioni), con infine 3.7 milioni che si recano in farmacia per gli anziani dai 65 anni in su (in quest'ultimo caso dominano vecchi che si danno da fare per altri vecchi).
Rispetto a 4-5 anni fa, mentre poco più della metà degli adulti (5.8 milioni) non segnala alcun cambiamento nella propria frequenza di visita in farmacia, coloro che dichiarano di andarci più spesso (4.2 milioni) sono quasi il quadruplo dei 'calanti' (1.1 milioni). Le motivazioni spontaneamente indicate dai 'crescenti' riguardano, in ordine decrescente, i maggiori problemi di salute propri e - meno - dei familiari; il raggiungimento dell'autonomia (800mila giovani); il bisogno di acquistare più cosmetici, prodotti dietetici e per l'infanzia, ecc. davvero seri e qualificati; la perdita di ogni aiuto (per vedovanza o per fuoriuscita della figlia dal nucleo familiare), l'aumento del nucleo familiare.
E la fedeltà alla stessa farmacia? Il 60% dei frequentatori del canale (ricordiamolo: quasi nove liguri, toscani, emiliani, marchigiani, umbri su dieci) va da sempre nella medesima farmacia, escludendo naturalmente i periodi in cui é via per viaggi o vacanze: si tratta di 6.6 milioni di persone (soprammedia ultra54enni, residenti nei comuni piccoli e rurali, con reddito e scolarità medio-bassi e bassi); all'opposto, gli 4.4 milioni di 'infedeli' risultano essere più della media 15-44enni (senza pari i giovanissimi), di classe socio-economica e titolo di studio medi o superiori, residenti nei comuni medio-piccoli e in quelli con più di 100mila abitanti.
Ma qual é l'immagine sociale della farmacia? Nell'insieme buona (43%) o ottima (41%): in effetti, a fronte dei 9.2 milioni che la apprezzano, solo un sesto dei suoi frequentatori recenti la criticano assai (1.8 milioni molto e quasi nessuno in modo totale e violento).
I principali motivi di positiva valutazione di questo canale sono:
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la vicinanza a casa o al lavoro, la presenza diffusa e molecolare (82%)
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l'assortimento crescente e qualificato di prodotti al di là dei farmaci: quelli sanitari per la salute (81%) e per il benessere (70%), dietetici (63%), omeopatici (61%), per la prima infanzia e la crescita dei bambini (57%), cosmetici 'di ottima qualità e di marche qualificate' (56%), dell'erboristeria seria e scientifica (53%), veterinari (39%)
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il fatto che la farmacia sia 'indispensabile per garantire la salute della gente' (78%), anche per la sua la capacità di 'dare un senso di garanzia, di sicurezza' (76%) mentre negli altri canali (erboristerie, profumerie, ecc.) 'troppe volte certi prodotti vantano proprietà curative senza alcuna garanzia di qualità e sicurezza' (50%): al contrario 'la farmacia non vende prodotti che promettono miracoli e che poi non funzionano o fanno male' (49%)
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il personale: 'in generale cortese e cordiale' (77%) e 'competente e specializzato' (71%)
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il giusto ottemperamento alle norme che regolano la fornitura dei farmaci che richiedono la ricetta del medico (77%)
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il netto miglioramento del lay-out e dell'esposizione dei prodotti, ora 'in generale adeguati e razionali' (69%); dell'arredamento, 'gradevole ed elegante' (65%); degli spazi interni, 'sempre più spesso ben organizzati e facili da girare' (64%); delle vetrine, 'sempre più spesso belle, con ottimi prodotti e pubblicità' (59%)
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il persistente successo del canale: è infatti, 'uno dei pochissimi tipi di punti-vendita che non ha risentito dell'avanzata dei super e degli ipermercati' (57%), 'frequentato da sempre più gente' (56%), anche 'per acquistare non farmaci' (54%).
Le critiche, invece, concernono:
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i prezzi, a volte 'troppo alti' (69%), anche se il 51% dichiara di 'preferir pagare di più acquistando in farmacia certi prodotti (non farmaci) per avere la garanzia del farmacista' e tenendo conto che 'i prodotti che si acquistano solo in farmacia sono più validi, seri e sicuri anche se non sono farmaci' (43%)
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la presenza in farmacia di 'troppi prodotti che non hanno niente a che fare con la salute' (52%).
Va aggiunto che i massimi fan si trovano tra le donne, i men che 45enni, nei comuni al di sotto dei 10mila abitanti (senza pari in quelli ove operano le farmacie rurali); mentre un po' meno fautori risultano essere gli anziani, i poco e non scolarizzati, i soggetti con reddito e consumi medio-bassi e bassi (tutti per i prezzi) oltre ai ceti previlegiati (per l'assortimento).
Quanto al farmacista, i dati sono assai simili a quelli riguardanti il canale: meno di 100mila lo criticano violentemente e solo 1.4 milioni prevalentemente, 4.8 milioni lo apprezzano assai seppur con qualche riserva e altri 4.8 milioni lo adorano. Il 'goodwill' é maggiore tra i 35-54enni, nei comuni piccoli, nella classe media e tra salariati e casalinghe; mentre i dubbi risultano un po' maggiori della media tra i men che 35enni, gli uomini, gli abbienti, i residenti nei comuni medio-grandi.
I principali punti di forza dell'immagine sociale del farmacista concernono il fatto che esso é:
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in genere 'disponibile e cortese' (87%), leggermente di più se donna
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'affidabile perché é obbligato a tutelare la 'privacy' dei clienti' (79%)
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'in grado di dare informazioni, spiegazioni e consigli preziosi' (76%); 'd'aiuto nel risolvere tanti piccoli problemi della vita quotidiana' (67%); 'svolgente un ruolo prezioso di educatore sanitario' (51%), anche perché 'in genere conoscente i problemi della sua zona' (49%) e 'conosce a fondo i suoi clienti, a volte meglio del loro medico' (48%)
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'un laureato esperto a cui ci si può rivolgere con fiducia' (75%), e infatti appare una 'figura stimata e amata dalla gente' (71%), cui 'spesso dà serenità e diminuisce le ansie' (67%)
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'diventato più moderno e all'avanguardia' (74%), mentre solo un cliente su sei lo ritiene 'meno affidabile di un tempo'
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'svolgente un ruolo prezioso nella prevenzione di molte malattie' (48%).
Ma emergono talune riserve:
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'il troppo frequente condizionamento da parte delle Case farmaceutiche' (57%)
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l'iper-commercialità, l'essere 'ormai un commerciante come tutti gli altri' (52%) e il prevalere del negoziante sul professionista della salute al servizio dei suoi clienti (21%)
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l'essere 'ormai diventato un burocrate' (22%).
A integrazione si possono citare gli atteggiamenti, i sentimenti che gli 9.7 milioni frequentatori della farmacia nell'ultimo biennio dichiarano di provare nei confronti del farmacista:
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l'80% parla di 'fiducia' e il 78% di 'stima'
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il 59% prova 'simpatia' e il 42% addirittura 'amicizia'
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il 58% avverte 'riconoscenza' e il 33% 'ammirazione'
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il 27% assoluto 'non interesse'
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il 6% 'sospetto' e'antipatìa', il 3% 'rifiuto' e l'1% persino 'disprezzo'.
In questo quadro variegato, ove prevalgono nettamente le luci sulle ombre, qual é l'opinione di liguri, toscani, emiliani, marchigiani, umbri sul 'modello italiano di farmacia'? Ebbene:
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ben il 78% é nettamente favorevole al mantenimento del 'modello' attuale, caratterizzato dall'assoluta esclusiva della distribuzione dei farmaci (ospedali esclusi) sia 'etici' - richiedenti la ricetta medica - sia da 'banco', non meno che del legame indissolubile farmacista-farmacia
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solo il 22% appare semi-favorevole (20%) o totalmente favorevole (2%) alla separazione tra farmacista e canale o addirittura al trionfo del 'drugstore' all'americana.
In dettaglio:
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il 62% ritiene giusto che 'i farmaci senza ricetta medica si possano acquistare solo in farmacia, a difesa della salute della gente'
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solo il 15% dice che 'le farmacie non servono a niente dato che si potrebbero benissimo vendere tutti i farmaci in un reparto dei supermercati, degli ipermercati, dei grandi magazzini purché a fornirli sia un farmacista'.
É interessante notare che i maggiori sostenitori del 'modello italiano di farmacia' sono le donne, i 15-24enni e i 45-54enni, i residenti nei comuni piccoli, i salariati; mentre i più ostili sono - su livelli sempre assai bassi - i laureati, i soggetti di classe medio-alta e alta.
Come sempre, sono i residenti in Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Marche, Umbria che vivono nei comuni piccoli i più entusiasti e fedeli sostenitori della farmacia, la quale - specie nei centri minori (comunque quelli con meno di 100mila abitanti) - per i quali 'il farmacista é ancora una delle persone più note e autorevoli della zona' (33%) e la farmacia é anche 'un luogo d'incontro tra tante persone diverse' (29%): il tutto specie per gli ultra44enni, i pensionati, le casalinghe, i lavoratori autonomi e in genere i soggetti che non hanno più della licenza media.
Alla conclusione del colloquio é stato chiesto agli intervistati di indicare 'quali cambiamenti e miglioramenti i farmacisti dovrebbero introdurre per essere più apprezzati dalla gente'. Ora, solo il 37% ne ha segnalati, concentrando l'attenzione su dieci aree. Esse, in ordine decrescente sono:
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accrescere l'attività di consiglio/consulenza
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migliorare le relazioni col cliente, anzitutto offrendo umanità, gentilezza, cordialità, disponibilità e tempo dedicati all'ascolto e al dialogo (specie con gli anziani)
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ridurre l'approccio iper-commerciale e il condizionamento da parte delle Case farmaceutiche, offrendo maggior trasparenza
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garantire professionalità, un approccio non superficiale, aggiornamento continuo, una selezione più severa e ficcante dei non farmaci
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sviluppare l'offerta di preparazioni (galeniche), prodotti (generici e - meno - omeopatici ed erboristici) e servizi (misurazioni della pressione, della glicemia, del colesterolo, ecc.; pronto soccorso; e altri)
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garantire prezzi più bassi (o non maggiorati per il servizio notturno)
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ampliare gli orari d'apertura e garantire, al di fuori delle grandi città, una miglior programmazione/offerta delle aperture nel week-end e durante la notte
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investire nel personale e nella sua qualificazione e motivazione
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investire di più nella prevenzione
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farsi conoscere di più, comunicare alla popolazione.