«Le farmacie dei farmacisti rappresentano nell’insieme un’industria che fattura in un anno 25 miliardi di euro. Restare frammentati come lo siamo oggi diventa un lusso che non possiamo più permetterci». E’ una delle riflessioni lanciate da Roberto Tobia, tesoriere nazionale di Federfarma, nel corso del convegno che Laboratorio Farmacia e Studio Franco Falorni hanno organizzato a Pisa per parlare di pro e contro della Legge 124/2017 sulla concorrenza. Nel suo intervento, Tobia ha ribadito i capisaldi della strategia con cui il sindacato titolari si sta muovendo: «L’obiettivo del cantiere» ha detto «è quello di costruire un progetto che sia inclusivo di tutto ciò che gira attorno alla farmacia, che non lasci fuori nessuno e accolga chiunque vorrà partecipare, anche Adf (la sigla che rappresenta le spa della distribuzione intermedia, ndr)». Sarà in sostanza un progetto di servizio, che non scaverà solchi tra «farmacie di serie A e serie B, ma offrirà strumenti e supporto nell’ambito di una rete di protezione».
Che aggregazione sia la parola da mandare a mente in tutta la filiera lo hanno confermato molti dei relatori intervenuti all’evento. Franco Falorni, nel suo intervento di apertura, ha ricordato per esempio che sarebbe un grave errore quello di ridurre il cambiamento in una contrapposizione tra reti e controreti: «Serviranno invece corposi investimenti nell’educazione all’imprenditorialità e all’educazione». «Non è più tempo di costruire nuove aggregazioni» hanno aggiunto i commercialisti Gianni Trombetta e Marcello Tarabusi «serve invece consolidare quelle già esistenti, attraverso un allargamento delle deleghe e un rafforzamento della centralizzazione».
Altra parola d’ordine largamente condivisa, basta lamenti. Anche perché a ben cercare, la Legge sulla concorrenza non dispensa ai titolari soltanto preoccupazioni. «L’apertura al capitale» ha osservato Francesco Barachini, docente di diritto societario all’Università di Pisa «porterà a un rafforzamento della capacità di finanziamento delle imprese dalla croce verde e sarà da incentivo a una gestione ancora più manageriale». E consentirà anche agli eredi del titolare successioni più lineari, anche se le ambiguità della Legge fanno storcere la bocca agli esperti: «Più dei pro e contro abbondano le incertezze» ha osservato l’avvocato Paolo Leopardi «soprattutto in materia di incompatibilità: chi non è farmacista e ha un rapporto di lavoro pubblico, si deve dimettere per diventare socio di una farmacia? Si sarebbe spinti a rispondere sì, ma il testo, che lascia intatte parecchie norme pregresse senza una dettagliata armonizzazione, fa sorgere parecchi punti interrogativi».
Resta comunque il fatto che la Legge innescherà un profondo mutamento nel comparto. «Cambierà il sistema industriale della farmacia così come la rete delle relazioni con le istituzioni pubbliche» hanno detto Tarabusi e Trobetta. «E in prima battuta» ha aggiunto Erika Mallarini, docente di public management and policy della Sda Bocconi «soffriranno innanzitutto i distributori, che si ridurranno di numero perché con le catene ci saranno meno farmacie da rifornire. Ma di riflesso patiranno anche i farmacisti rurali, perché ci saranno meno distributori disponibili a raggiungerli». Nessuno però si faccia prendere dallo scoramento, perché la farmacia dispone di tutte le risorse per reagire: «Nel 2016» ha ricordato Marco Alessandrini, amministratore delegato di Credifarma «il mercato della farmacia ha fatto registrare un incremento del giro d’affari di oltre un punto percentuale. L’anno prima è rimasto pressoché stabile. Sfido chiunque a trovare un altro comparto del retail che ha fatto meglio». Come dire: demoralizzarsi nuove gravemente alla salute. (AS)