
Nel 2022, gli italiani hanno fruito di meno prestazioni sanitarie rispetto al periodo pre-pandemico. Dalle indagini Istat sulla popolazione si rileva, infatti, “una riduzione della quota di persone che ha effettuato visite specialistiche, dal 42,3% nel 2019 al 38,8% nel 2022, o accertamenti diagnostici, dal 35,7% al 32,0%, e nel Mezzogiorno quest’ultima riduzione raggiunge i 5 punti percentuali”. A spiegarlo, nel corso di un’audizione in Commissione Affari sociali e Sanità del Senato che si è tenuta mercoledì 8 marzo, è stata Cristina Freguja, direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare dell’Istituto di Ricerca Istat.
La flessione, come ha fatto notare Freguja “riguarda tutte le fasce d’età, ma è maggiore in quella degli anziani, con riduzioni di sei punti per le donne, e comunque anche tra i minori che ricorrono a visite specialistiche o tra le donne adulte per gli accertamenti”.
Dai dati Istat, dunque, emerge che nel 2022 non si è riusciti a recuperare i livelli di prestazioni sanitarie pre-pandemia, in particolare per un maggior peso della rinuncia alle prestazioni causato dalle lunghe liste di attesa. Rispetto al 2019 Freguja evidenzia che “aumenta la quota di persone che dichiara di aver pagato interamente a sue spese sia per le visite specialistiche, dal 37% al 41,8% nel 2022, che per gli accertamenti diagnostici, dal 23% al 27,6% nel 2022”.