Nel nostro Paese si stima che circa 130mila pazienti affetti da patologie autoimmuni afferenti all'area della reumatologia, della gastroenterologia e della dermatologia non abbiano accesso alle cure biologiche adeguate alla loro condizione clinica. È quanto evidenziano i dati presentati nel corso del convegno "Accesso ai farmaci biologici: dal sottotrattamento al gain sharing", organizzato a Roma dall'Italian Biosimilars Group di EGUALIA, con la partecipazione delle società scientifiche, delle associazioni dei pazienti e di rappresentanti del mondo istituzionale. «I dati emersi pongono un problema molto serio che può e deve essere affrontato con diverse azioni” dichiara a Federfarma channel, a margine dell'evento, il responsabile della segreteria tecnica del ministro della Salute,
Antonio Gaudioso. “Una di queste sarà sicuramente la riorganizzazione dei servizi territoriali, quindi, con una capacità di diagnosi precoce, presa in carico e di garanzia di un trattamento di prossimità che colleghi le strutture di riferimento ospedaliere con i modelli organizzativi che saranno implementati prossimamente sul territorio con la riforma dei servizi territoriali. E le farmacie di comunità sono un pezzo essenziale di questo tipo di disegno”.
“Dobbiamo garantire che il maggior numero di attori si integri nella presa in carico dei cittadini a livello territoriale, quindi, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e le farmacie di comunità che sono un pezzo integrante del nuovo modello di assistenza del SSN”, spiega Gaudioso. “Da un lato, dunque, dobbiamo fare in modo che il farmaco ritorni il più possibile in farmacia - continua - dall’altro, dobbiamo investire anche sull’empowerment e le capacità professionali dei farmacisti che sono coloro i quali devono garantire le disponibilità dei prodotti e quelle competenze che, per quanto riguarda i farmaci biosimilari, sono fondamentali”.
«L'analisi economica ha rivelato costi sostanzialmente sovrapponibili tra pazienti che fanno uso di farmaci biologici e pazienti che potrebbero farne ma non ne fanno uso - ha confermato
Luca Degli Esposti, economista a capo della CliCon - Health, Economics & Outcome Research, società di ricerca che ha realizzato l’analisi - a variare è però la composizione dei relativi costi: ad una maggiore spesa farmaceutica per i pazienti in trattamento con farmaci biologici si contrappone una maggiore spesa per ricoveri e prestazioni specialistiche nei pazienti che, pur eleggibili al biologico, non ne fanno uso». Di qui la proposta di un nuovo strumento di policy pensato per essere messo a disposizione delle amministrazioni sanitarie: il "gain sharing". «È uno strumento che affianca ai tradizionali indicatori economici sull'utilizzo dei farmaci biologici a minor costo, un indicatore clinico in grado di misurare il numero di pazienti eleggibili all'uso del biologico per una specifica patologia, ma non trattati. La lettura combinata dei due indicatori - ha concluso Degli Esposti - permetterà di programmare ex ante il reinvestimento delle risorse liberate per contenere il fenomeno del sotto trattamento».